giovedì 27 giugno 2013

La crisi economica

La crisi economica attuale è certamente la più grave che ha colpito l'Italia dalla fine della seconda guerra mondiale. Disoccupazione record, specialmente quella giovanile e specialmente al Sud, persone che vivono sotto la soglia di povertà che sono ormai molti milioni e crescono ogni giorno, imprese piccole e piccolissime che chiudono a migliaia creando altra disoccupazione, divario economico tra ricchi e poveri che cresce ogni giorno ed ha raggiunto livelli tali da creare tensioni sociali e rischi anche peggiori.

Eppure l'Italia è un paese che ha un enorme potenziale di crescita economica e sociale, compatibile con una società piu "giusta" ed una qualità della vita potenzialmente eccezionale per tutti i cittadini.


Pechè siamo arrivati a questo punto? Ovviamente la crisi economica europea ed il rallentamento di tutta l'economia mondiale ne sono in larga misura una causa importante.

Ma noi abbiamo le nostre colpe, e sono molto gravi.


Il nostro sistema economico e sociale è stato continuamente eroso da tre grandi "parassiti" che ancora lo affliggono e gli impediscono di guarire.

  1. La classe politica generalmente mediocre, spesso incapace, talvolta corrotta, e in ogni caso, incapace di agire (anche quando ci sono eccellenti uomini politici di grande integrità e valore) per i mille vincoli che la rallentano ed una legge elettorale che impedisce maggioranze chiare e capaci di governare. Questa è forse la sfida più difficile da risolvere perchè la frammentazione politica porta a difendere tanti piccoli gruppi di interesse economico e sociale, che impediscono sistemi elettorali stabili e quindi efficaci e responsabili. Ci vuole quindi subito una legge elettorale ( Renzi cita spesso il sistema elettorale  dei sindaci che ha cambiato la governabilità dei comuni) che consenta la scelta degli eletti da parte dei cittadini e la governabilità:  finchè ciò non avverrà il sistema politico italiano resterà ingovernabile ed esposto a mille ricatti di minoranze spesso irresponsabili. Ci vuole poi una SEVERA legge anticorruzione che liberi il sistema scandaloso di connubi criminali tra politica ed economia, o tra politica e "favori" personali. Ci vuole un drastico taglio dei costi della politica, che elimini gli sprechi e che inoltre snellisca  la catena decisionale. Tutto chiaro, ma ostacolato da interessi particolari, da correnti e correntine, partiti e  partitini, e movimenti e movimentini. La soluzione è na nuova legge elettorale con collegi uninominali, a doppio turno e diritto di tribuna; l'eliminazione del bicameralismo perfetto, con una Camera che ha funzioni legislativa ed un senato delle rappresentanze locali; il dimezzamento del numero degli eletti a tutti i livelli; l'eliminazione delle province e l'accorpamemto dei comuni sotto i 5000 abitanti.Ed infine l'ineleggibilità, o la decadenza immediata dall'incarico elettivo, per chiunque abbia subito una condanna di primo grado con almeno due anni di reclusione: se è giusto che prevalga generalmente il principio di "Presunzione di innocenza" fino al giudizio di terzo grado per tutti i cittadini, è anche giusto che prevalga anche il principio di "Presunzione di colpevolezza" dopo il giudizio di primo grado per chi deve amministrare la cosa pubblica. Come  diceva in modo molto efficace un giudice (non mi ricordo con certezza, ma credo fosse Colombo): se il mio vicino di casa è stato condannato in primo grado per pedolfilia, è giusto aspettare tutti i gradi di giustizia prima di mandarlo in galera, ma nel frattempo non mando a casa sua la mia bambina di dieci anni come sua ospite per giocare.
  2. La burocrazia è l'altro grande parassita. Come nel caso della politica, anche quì ci sono molte brave persone e dirigenti seri e competenti, ma tutto il sistema è complicato da mille norme e regolamenti ed ancora una volta frenato da una cultura sindacale che protegge i fannulloni. Il PIL è fermo, anzi in declino da anni, mentre non calano i dipendenti della pubblica ammnistrazione, cioè il sistema ha un calo continuo di produttività. La prima cosa da fare è eliminare enti inutili, snellire le normative, procedere ad una informatizzazione spinta e favorire la mobilità ( problema della politica e del sindacato) per consentire un aumento della produttività di almeno il 3% all'anno attraverso una profonda ristrutturazione , semplificazione ed informatizzazione di tutta l'amministarzione pubblica accompagnata da una  riduzione di circa 60k persone all'anno senza alcun licenziamento, ma solo col parziale rimpiazzo del turnover e la mobilità sia a diversi manzioni o diverse sedi. (il ministro Nicolais di centro sinistra aveva già proposto questa soluzione).
  3. la cultura sindacale prevalente oggi è il terzo grande parassita. Questa cultura è via via degenerata negli ultimi 30 anni dalla difesa dei diritti dei lavoratori, alla difesa dei lavoratori occupati a tempo indeterminato a prescindere dal loro comportamento o dai loro doveri.Il sindacato difende non la creazione di posti di lavoro ma il mantenimento degli esistenti, anche nei casi piu' palesi di assenteismo , fannullonismo, o addirittura comportamenti al limite della legalità.
    Il lavoro dei dipendenti a tempo indeterminato è protetto ad oltranza anche quando sono necessarie ristrutturazioni economiche che nel breve sono dolorose, ma mantengono la competitività e la capacità di crescere dell'azienda. Con questa cultura sindacale le imprese straniere non vengono in Italia, mentre quelle italiane che hanno la dimensione di scala escono progressivamente dall'Italia, e le piccole o piccolissime fanno fatica a vivere e moltissime falliscono.
    Certo le cause della crisi sono moltissime, ma la cultura sindacale specie della FIOM è un grande ostacolo alla competitività delle imprese e quindi alla creazione di posti di lavoro.Molti dei contratti atipici che sono nati, sono stati anche una difesa contro l'impossibilità di licenziare per motivi economici quando le circostanze  lo imponevano: questa cultura sindacale ha favorito il diffondersi del precariato. La sinistra italiana, che giustamente difende i diritti dei lavoratori, deve rendersi conto tuttavia che diritti senza doveri non creano occupazione, ma fuga delle aziende.Le posizioni dell'ex senatore del PD Ichino sono assolutamente condivisibili e necessarie, se veramente si vogliono creare posti di lavoro e competere nell'economia globale in cui l'Italia opera e non ha scelta.

La crisi attuale dovrebbe creare una scossa di orgoglio e di compattezza per l'interesse generale,
superando i mille interessi particolari che ci hanno portato ad un declino drammatico.


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