Pasquale Pistorio La rinascita parte dai nostri cervelli
TURI CAGGEGI «LA SICILIA, e tutto il Sud in generale, può
diventare la California d' Italia». Di nuovo? In tempi di cupa afflizione
economica, sentire tanto ottimismo certo sorprende. Se ne era già parlato, e
tanto, in passato, ma poi ce ne eravamo quasi dimenticati. Eppure l' ingegner
Pasquale Pistorio, siciliano di nascita, uno dei più grandi manager a livello
mondiale degli ultimi 30 anni, non si scompone di fronte alle obiezioni, anzi
rilancia: «Sì, certo, non domani. Ma a certe condizioni, neanche difficili da
mettere in atto, in 10 anni la Sicilia può diventare la California d' Italia,
senza dubbio». Pistorio, 75 anni, nella sua lunga carriera di miracoli terreni
ne ha fatto,e lo ha dimostrato proprio a partire dalla Sicilia. In 15 anni, ha
trasformato la Sgs, comatosa azienda delle partecipazioni statali che a Catania
produceva ogni anno perdite pari al 120 per cento del suo fatturato («un
record», dice sorridendo) in una delle più grandi e competitive aziende mondiali
nel campo dell' alta tecnologia dei semiconduttori, la StMicroelectronics, che
adesso fattura 10 miliardi di dollari, produce utili, e impiega solo negli
stabilimenti nella zona industriale di Catania circa 4.700 dipendenti, di cui il
93 per cento dotato di laureao diploma. Nato ad Agira, un paesino arroccato sui
monti in provincia di Enna che già diede i natali allo storico Diodoro Siculo,
Pasquale Pistorio frequentò il liceo a Catania e poi si trasferì al Politecnico
di Torino, dove si laureò ingegnere elettrotecnico con specializzazione in
elettronica. «Allora era tutto molto diverso: mi laureai nel 1963, e in poco
tempo ricevetti un cinquantina di proposte di lavoro. Dovevo solo scegliere. Ero
pronto per andare alla Olivetti, ma poi un agente della Motorola mi convinse a
lavorare per l' azienda dei semiconduttori, e così cominciò tutto». Il suo
compito era cercare di risanare per quanto possibile un' azienda al disastro.
Una scelta difficile da capire. Cosa la spinse? «Beh, la sfida professionale mi
piaceva, e poi sia io che mia moglie, cheè veneta, avevamo nostalgia dei nostri
genitori che invecchiavano. Inoltre, non lo nego, un certo orgoglio
nazionalistico che mi spingeva a tentare di salvare un' azienda italiana». E
naturalmente è soddisfatto del risultato. «Certo, posso dire di avere fatto
rinascere l' industria europea dei semiconduttori, allora in grave declino. È
stata la parte più difficile e più bella della mia carriera. La situazione era
drammatica, oltre la metà degli addetti, in mancanza d' altro, faceva cose che
non erano pertinenti con l' attività dell' azienda. Addirittura ci proposero di
fabbricare padelle. E a ogni fine anno lo Stato doveva mettere mano al
portafogli e ripianare le perdite con soldi pubblici. Chiamai a Catania - ci
tengo a ricordarlo - l' ingegner Salvo Castorina, originario di Riposto ma che
lavorava all' estero-e anche lui venne quia metà stipendio. Tagliammo
drasticamente i costi inutili, riducemmo il personale (in gran parte ricollocato
altrove) e ripartimmo puntando sulla ricerca, con investimenti pari al 22 per
cento del fatturato. E naturalmente assumemmo tantissimi laureati anche grazie
alla collaborazione con l' Università di Catania. Una collaborazione che ha
fatto scuola nel mondo». E la cura funzionò? «Eccome: già nel 1983 eravamo in
utile, primi in Europa in questo settore. Questo aprì la strada alla fusione,
nel 1987, con l' azienda statale francese Thomson, che andava malissimo anch'
essa, e che portammo in utile già nell' 89. E dopo pochi anni la nostra azienda
era prima in Europa, fino alla quotazione in borsa del 1994». Insomma, nasce
così la cosiddetta Etna Valley. «Sì, l' Etna Valley esplode a cavallo tra gli
anni ' 80e ' 90, grazie anchea circostanze fortunate:a livello locale l'
amministrazione Bianco fece diventare Catania attrattiva per gli investimenti,
semplificò le procedure per le aziende istituendo lo sportello unico e diede
sostegno alle imprese in tutti modi possibili. A livello nazionale il governo
Prodi istituì il credito di imposta e sgravi degli oneri sociali per i nuovi
assunti. Cosa fondamentale, il credito d' imposta era automatico: cioè gli
imprenditori non dovevano bussare alla porta di nessun burocrate e di nessun
politico per ottenerlo». Da "pensionato" lei è membro dei Cda di grandi aziende
come Fiat, Brembo, la francese Atos, la Statschippac di Singapore, e poi è
presidente onorario del Kyoto Club Italia. «Sì, sì, ma la cosa che più mi rende
orgogliosoè la Pistorio Foundation, una fondazione che gestisco con mia moglie,
i miei figli e alcuni amici volontari e che aiuta 1700 bambini in alcuni dei
Paesi più poveri al mondo. D' altra parte noi siamo una famiglia globalizzata,
io e mia moglie viviamo in Brianza, i miei tre figli tutti all' estero...» E
Catania, e la Sicilia? «Ci vengo poco, e anche se qui mi sento veramentea casa,
nutro il classico sentimento di amoreodio. La Sicilia è il più bel posto al
mondo: paesaggio, cultura, archeologia, gente meravigliosa, ottime università e
grandi cervelli. Non voglio fare accuse a nessuno ma mi pare che non sia
amministrata in modo adeguato. La Sicilia ha potenzialità enormi. Bisognerebbe
puntare su fattori abilitanti come turismo, cultura, ricerca, agricoltura a
valore aggiunto, sistema portuale e green economy, eliminando nel contempo
fattori inibitori quali la criminalità, la carenza di infrastrutture e una
burocrazia disastrosa. Aggiungendo una fiscalità di vantaggio automatica per le
imprese, i capitali e gli investimenti dall' estero arriverebbero. Insisto,
facendo tutto questo, in 10 anni in Sicilia ci sarebbe un' altra Silicon
Valley».
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