mercoledì 26 settembre 2018

Tendenze demografiche in Italia

Molti osservatori ( inclusi economisti e politici ) esprimono molta preoccupazione per la bassa natalità in Italia e di conseguenza il calo demografico in futuro.
Le previsioni parlano di una popolazione in Italia nel 2065 di 53 milioni di persone verso le 60,6 milioni di oggi.
La popolazione invecchia e ci saranno a quella data molti vecchi e pochi giovani.
Chi pagherà le pensioni?
Come si manterrà un sistema economico dove i giovani in età lavorativa sono in continuo calo ed i vecchi in continuo aumento?
Per me il calo della popolazione è un GRANDE VANTAGGIO  per tutti e non un problema.
Già oggi non abbiamo il problema di carenza di giovani per coprire posti di lavoro vacanti.
Al contrario abbiamo milioni di disoccupati o sottoccupati.
Io credo, ad istinto, che la popolazione italiana debba scendere a 50 milioni e poi stabilizzarsi (con politiche adeguate) a questo livello.
Gli aumenti di produttività dovuti alle nuove tecnologie faranno crescere il PIL anche in caso di calo demografico; e crescerà sopratutto il PIL pro capite (che ciò che più conta); l’assistenza ai vecchi sarà fornita dai giovani fortemente aiutati da robot domestici che cominceranno ad entrare in commercio entro il 2030; le pensioni saranno in equilibrio grazie al sistema contributivo ed all’aumento dell’età pensionabile fino a 70 anni entro il 2040 e poi ancora progressivamente fino a 75 anni (una forma ancora più spinta di legge Fornero, che è eccellente).
Siamo TROPPI NEL MONDO ED ANCHE IN ITALIA.
Una popolazione a 50 milioni di abitanti ( ed anche meno ) ci farebbe stare tutti meglio. 
In termini di “spazio” godibile da ciascuno, di risorse alimentari prevalentemente da colture ed allevamenti bio, di risorse energetiche da fonti rinnovabili. di mobilità meno caotica e sempre più elettrica.
Ben venga dunque il calo della popolazione, combinato col controllo dell’immigrazione, che secondo me va mantenuto entro lo 0,1% della popolazione residente all’anno (cioè oggi circa 60 mila persone all’anno) affinché sia facilmente integrabile senza sconvolgere la nostra identità culturale.